CAPITOLO 1 – LA CITTA’ D’ARTE

Ok, finalmente ci siamo, sono le 14.52 di un caldissimo Sabato di fine Maggio, sono a Firenze che cerco un po’ di riparo dai raggi ustionanti del sole all’ombra del battistero. Impresa assai difficile perché altri 3000 cristiani e non stanno cercando di fare la stessa cosa, riempiendo in maniera sistematica gli angoli della gabbia in cui siamo assemblati in attesa dello sparo che darà il via a questa 46esima edizione della 100km del Passatore, corsa podistica che si svolge ogni anno di questo periodo e conduce i suoi partecipanti attraverso un viaggio fisico e metafisico lungo 100km per raggiungere Faenza, situata in un’altra regione, l’Emilia Romagna, oltre gli appennini.

Ma come sono finito qui? Beh per rispondere a questa domanda ci vorrebbe davvero troppo tempo, ripercorro nella mia mente il giorno nella quale insieme ad altri 3 amici appassionati di trail e ultra-trail abbiamo deciso di iscriverci a questa competizione… sì sì lo so, la 100km del Passatore è tutta su asfalto quindi cosa c’entra con il trailrunning?!

Beh, tanto per cominciare non si corre in piano ma si affrontano circa 1300 metri di dislivello positivo per raggiungere lo spartiacque italico e scavallare sul versante orientale degli appennini, e la distanza è più simile a quella di un ultra-trail piuttosto che a quella di una mezza maratona o di una maratona, quindi probabilmente, nella nostra testa, quel giorno di aprile nel quale ci siamo iscritti, queste argomentazioni dovevano sembrarci più che valide.

Le settimane che hanno seguito l’iscrizione non sono state facili per me, pochi giorni dopo aver affrontato l’ultimo “lunghissimo” preparatorio a questa gara, inizio ad accusare dolori al piede destro, che mi hanno costretto ad allenarmi esclusivamente in MTB per 3 settimane, non nego di aver pensato in più occasioni che non sarei riuscito ad essere qui oggi, adesso, alla partenza, ma nonostante nell’ultimo mese sia riuscito a percorrere a malapena 80km di corsa, alla fine il dolore al piede è passato.

Ovvio che se penso che in un mese non ho coperto nemmeno la distanza che dovrei coprire da qui alle prossime 12ore mi viene un po’ male, ma è meglio non pensarci per ora. Penso piuttosto a tutti gli amici più o meno esperti che in questo mese mi hanno ripetuto come un mantra che i km che ho nelle gambe ormai li ho già messi, e che non sono queste ultime travagliate tre settimane che potranno mettersi di traverso fra me ed il traguardo che ora, qui, all’ombra di una chiesa, in una della città d’arte più belle del mondo, sembra più lontano che mai.

Ormai ci siamo, mancano pochi minuti allo sparo, saluto gli amici e compagni di squadra che sono intorno a me, Diego, Francesco e Stefano, nei dintorni vedo altri volti noti delle mie zone, ci siamo radunati quasi spontaneamente nella stessa zona, un po’ per darci coraggio l’un l’altro, un po’ per sentirci in qualche maniera meno fuori posto, meno inadeguati, a questa pazzia che stiamo per affrontare, perché parliamoci chiaro, correre, o provare quantomeno a farlo, per 100km non è una cosa tanto normale. Ma se noi fossimo normali probabilmente non saremmo qui, ognuno con le sue motivazioni, le sue paure e i suoi obbiettivi.

L’ultimo sorriso 😀

E mentre mi perdo in queste divagazioni ecco lo sparo, la mandria inizia a muoversi, dapprima lentamente, poi sempre più veloce, cerco di spostarmi subito nella zona sinistra del percorso di gara in modo da poter salutare Davide1, Davide2, Stefania e mia moglie Ilaria che si sono appostati da quel lato del percorso, li vedo e sfoggio il mio migliore sorriso, senza sapere in quel momento che sarà uno degli ultimi per i prossimi 99,7km…

I primi 2,5km si snodano per le vie del capoluogo toscano in direzione nord-est, appena usciti dal centro ecco la prima difficoltà di giornata, la salita che porta a Fiesole, non si tratta di una salita lunghissima, sono circa 5km ma la pendenza in alcuni tratti è notevole. Io mi metto subito in linea con la mia tabella di marcia, che secondo i miei piani dovrebbe portarmi a chiudere la gara fra le 12 e le 13 ore. Aggredisco la salita ai 7min al km senza grossi affanni, il caldo è tanto, ci sono oltre 30 gradi, e la strada è completamente esposta al sole, la gente intorno a me inizia a soffiare ed arrancare, tutti sudano copiosamente, mentre io, che normalmente sono una persona che suda molto, mi sento bene, quasi fresco, sudo pochissimo, inizio a pensare che forse non sto patendo il caldo come tutti gli altri e che le cose oggi andranno alla grande… unica pecca nel mio ragionamento sono i miei battiti cardiaci, che a questo ritmo dovrebbero stare tranquillamente al di sotto dei 150bpm ed invece li vedo sovente oltre il 160… questo mi preoccupa un po’, ma la mia sensazione generale è ottima, quindi inizio a pensare che il sensore cardio stia dando i numeri. Errore 1.

CAPITOLO 2 – CUORE MATTO… MATTO DA LEGARE

Finalmente siamo a Fiesole, c’è il secondo ristoro molto affollato, ne approfitto per bagnarmi un poco la testa e riparto. Da qui in poi la salita diventa più dolce anche se continua per altri 9km circa fino a raggiungere Vetta le Croci a 500 metri sul livello del mare. Rapida occhiata all’orologio, le pulsazioni non ne vogliono sapere di scendere, ora si sono stabilizzate oltre i 160 e da lì non si schiodano. Inizio a capire che forse non tutto sta filando liscio quando verso il 16km inizio a sentire delle leggere avvisaglie di crampi ai polpacci, in questo momento realizzo che il cardiofrequenzimetro non stava mentendo, ero semplicemente io che mentivo a me stesso, o forse il mio corpo che mentiva a me, facendo trasparire una condizione eccezionale quando in realtà, sotto sotto, tutto stava andando per il verso sbagliato.

Con i battiti quasi sempre stabilmente sopra la soglia aerobica il mio sangue si è lentamente ma inesorabilmente saturato di lattato, e qeusto inizia ora a mettere le sue mani sui miei muscoli per stringerli nella stretta morsa dei Crampi.

Di colpo rallento, mentalmente inizia subito a farsi dura, il primo calcolo che faccio è semplice: 100-16= 84. Come faccio a percorrere 84km se dopo 16 ho già dei principi di crampi?! Calma, calma, proviamo a ragionare, la gara è ancora lunga, c’è tempo per mettere le cose a posto, fra 2km inizia la discesa e vedrai che lì i battiti andranno a posto e tutto tornerà normale e poi si sa, in 100km le crisi vanno e vengono.

Raggiungo un po’ titubante Vetta le Croci e lo scollinamento, inizia la discesa ma le avvisaglie di crampi non ne vogliono sapere di lasciarmi andare, inoltre il cuore è sempre stabile oltre quota 160. Niente bisogna prendere la situazione in mano se no qui sta gara non la porto a casa. Inizio ad identificare dei tratti ombreggiati di strada e decido di camminare in quei tratti così da massimizzare la frescura e magari far scendere un po’ queste benedette pulsazioni. Niente da fare le mie contromisure gli fanno un baffo al mio cuore, che al massimo arriva a 150 per poi schizzare nuovamente in alto al primo accenno di corsa. Se riuscissi a riportare le pulsazioni sotto i 140 inizierei a smaltire un pò di lattato così da scongiurare il rischio dei crampi.

Niente le cose non stanno andando bene, inizio a pensare che al 32km, primo grande check-point, dove ci aspettano gli amici e mia moglie conviene ritirarsi. Mentre la disperazione inizia a farsi strada nella mia mente suona il 20esimo km, che come una lucciola nel buio della notte, accende nel mio cervello una piccola speranza, inizio a pensare che 1/5 di gara è già passato e che forse Faenza non è così lontana. Mi impongo di smettere di pensare a quando manca e cerco di concentrarmi su altri pensieri. La discesa scorre veloce, suona il 25km, altra lucciola portatrice di speranza, ¼ di gara se n’è andato! Bene, inizio a notare che il GPS del mio orologio ha una certa discrepanza con le tabelle kilometriche posizionate dall’organizzazione ogni 5km – dopo 25km “ufficiali” il mio garmin segna già 25,4 – non ci faccio molto caso, e mi costringo a pensare che il GPS mi sta dicendo la verità, mentre quegli sbadati organizzatori avranno messo le tabelle in maniera un po’ approssimativa… Errore 2.

L’arrivo a Borgo San Lorenzo

Mentre la mente inizia a divagare finalmente arriva Borgo San Lorenzo, 32km 3 Ore e 49minuti – ristoro grosso, vedo subito Ilaria che mi viene incontro felice ma ancora prima che apro bocca capisce dalla mia espressione che le cose non stanno andando per il verso giusto. Li ci sono anche Davide1 che mi scatta foto a raffica e Davide2 con Stefania che cercano di farmi coraggio. Mi rifocillo e chiedo informazioni sugli altri, mi dicono che Francesco è da poco transitato da Vetta le Croci mentre gli altri stanno percorrendo la discesa e sono qualche km dietro di me.

Inizio a pensare che 1/3 di gara se n’è andata e che è trascorsa in 4 ore scarse. 4×3=12ore – Beh dai nonostante tutto sono ancora in linea con la tabella di marcia. Ora mi aspettano 16 lunghissimi km di salita per giungere a Passo della Colla con circa 900mt di dislivello, una salita che se capitasse in un qualsiasi Trail mi sembrerebbe dolce e docile, ma qui, in queste condizioni la vedo come una scalata.

Il cuore, nonostante sia fermo da oltre 5minuti è ancora a 140 – è evidente che qualcosa non va, inizio a pensare di essere incappato nella classica “giornata storta” – quando il fisico non ne vuole sapere di fare quello che gli comandi e fa di testa sua.

Non ci sono molte vie di uscita da questa situazione, o mi ritiro o inizio a pensare positivo. Di colpo arriva una speranza, solitamente durante le mie gare di Trail e UltraTrail durante le salite più dure, nelle quali sono costretto a camminare il mio cuore scende clamorosamente, a volte sotto i 100bpm – se inizio la salita per la colla camminando, chissà che il cuore non si metta in testa di essere su una di quelle salite immerse nel verde e decida una buona volta di stare buono? Errore 3

Sotto l’effetto di questa positiva possibilità decido di ripartire.

Partenza da Borgo San Lorenzo

CAPITOLO 3 – L’ASCESA

La salita non è particolarmente dura, almeno all’inizio, camminando però i km scorrono con una lentezza esasperante, l’orologio suona 42km – beh dai fra poco siamo alla maratona, inizio a cercare con lo sguardo la tabella che so che gli organizzatori hanno piazzato appositamente per contrassegnare questo traguardo ma non la vedo, eppure dovrebbe essere poco più avanti. Finalmente arriva, l’orologio segna già 43,5km. Il Gap sta aumentando. Mi fermo davanti alla Tabella, pensando se vale la pena di fare un selfie ad un cadavere che sta di nuovo pensando al ritiro, il cuore è fisso sui 140 nonostante stia camminando ormai da ore, i miei propositi di smaltire il lattato durante la salita sono ormai sfumati e la mia paura è quella di dover affrontare gli ultimi 50km, nonostante la discesa, camminando per non accusare crampi.

Nel mentre di queste elucubrazioni un altro runners o meglio in questo frangente dovrei dire walkers, si avvicina a me e mi chiede se posso scattargli una foto con la tabella della maratona, così faccio e decido a sto punto di farmi anche io questa foto, in fine dei conti sono venuto per farne 100, ma considerato che con tutta probabilità, giunto in cima mi ritirerò a 48, almeno questo traguardo me lo porto a casa.

Selfie alla Maratona

Scatto il selfie e riparto. Verso il 44esimo incontro il pulmino con gli amici e la moglie, Davide1 decide di accompagnarmi fino in cima alla Colla, si affianca a me, mi racconta delle peripezie in pulmino per raggiungere Borgo San Lorenzo, e delle condizioni degli altri, che quando sono passati da Borgo erano tutti in gran forma – beati loro – penso. Io sono un cadavere, gli confesso che in cima alla Colla voglio ritirarmi. Inizia a farsi scuro, il sole è tramontato e con lui anche quel poco di entusiasmo che avevo. Non voglio ridurmi a fare gli ultimi 35km, quando la strada spianerà, come un zombie.

Lui mi dice di star calmo e di valutare quando arrivo alla Colla, vedremo.

Lentamente anche la Colla arriva, da lì in poi in teoria ci dovrebbe essere mia moglie che mi segue in bici e mi tiene compagnia, vorrei ritirarmi, il ragionamento che prima di dava speranza 1/5 – ¼ – 1/3 – ora che siamo a ½ mi si rivolta contro, sono sfinito e ho percorso solo metà del tragitto. Non posso farcela.

Mi fermo, mangio brodino caldo e banana, vedo molta gente vomitare, alcuni barcollano, altri cercano di sdraiarsi per riprendersi un po’. E’ una corsa tosta, dura, che non fa prigionieri. Già durante la salita ho visto decine di ambulanze che sfrecciavano su e giù. Ma tutto questo non mi stupisce, avevo letto racconti di quanto il Passatore possa essere inflessibile.

Mi cambio per la notte, inizia a far freddo, Ilaria mi sostiene, mi dice di provare a fare i 17km di discesa che mi separano da Marradi, km 65, altro importante chek point, che segna inoltre il traguardo immaginario di 2/3 della gara.

Decido di continuare, se avessi un problema fisico serio oppure muscolare non avrei esitazioni a dire “basta”, ma per ora a parte i crampi e la stanchezza non ho altre ragioni per mollare se non la certezza cristallina di sapere che gli ultimi km saranno un supplizio, ma questo non basta a fermarmi, sono venuto fin qui per fare 100km e fintanto che non ci sarà un motivo valido per dire “basta” devo provarci, è una sorta di dovere morale che ho con me stesso. Inoltre Ilaria è stata sul pulmino ad attendere di potermi accompagnare fino al traguardo per tutto il giorno e non voglio deluderla senza nemmeno provarci.

Cuore 1 Testa 0.

CAPITOLO 4 – RIMPATRIATA

Inizio la discesa corricchiando, il cuore finalmente sembra essersi sistemato, rimane intorno ai 140, sto correndo davvero molto piano ma è sempre meglio che camminare, sbuffi di vapore si alternano formati dal mio fiato alla luce della torcia da testa. Le gambe sono pesanti ma rispondono ancora in maniera decente. Fa abbastanza freddo e decido di indossare il gilet.

Eccoci finalmente al ristoro di Casaglia km52 – appena arrivato scopro che un signore sta servendo della pasta! Si sì proprio dell’ottima pastasciutta calda con olio e formaggio. Decido di approfittarne, ero convinto che l’avrei trovata su alla Colla, ma invece c’era solo del brodo caldo, è la prima cosa “decente” che mangio da mezzogiorno. Fino ad ora mi sono nutrito solo di gel, barrette, banane, mele e brodo.

La pasta mi ristora generosamente e nel momento che decido di ripartire mi raggiunge Stefano. Che bello vedere un altro compagno di avventure, lui sembra sentirsi bene nonostante inizi ad accusare i primi sintomi di spossatezza. Cerco di incoraggiarlo a proseguire da solo, un po’ per non essere un peso per lui, e un po’ per non essere io stesso costretto ad andare al suo passo. Stefano però mi dice che preferisce rallentare e vedere come arriva a Marradi ed eventualmente allungare da li. Decisione che si rivelerà per lui quantomai saggia.

Iniziamo la discesa, ora quando ripartiamo dai ristori abbiamo freddo, il cuore che tanto mi ha fatto dannare con i suoi battiti alti durante il giorno adesso durante le soste precipita sotto i 90 e il freddo mi attanaglia. Cerchiamo di mantenere un passo lento ma costante fino a Marradi.

Al ristoro successivo ci arrivano notizie preoccupanti dai nostri amici, ci dicono che Francesco ha deciso di ritirarsi al km 48 a causa di dolori ad un piede e di un blocco allo stomaco, mentre Diego se lo sono persi e non riescono a capire se ha avuto un malore ed è stato portato via oppure se è passato davanti a loro e nessuno lo ha visto. Dentro di me spero vivamente che si tratti della seconda ipotesi. Un po’ turbati dalle ultime news ripartiamo ancora una volta.

Ormai ci siamo, Marradi, km65 nonché punto di non ritorno, una volta arrivati qui infatti, mollare non si può più, oramai mancano “solo” 35km. In una maniera o nell’altra la portiamo a casa ci diciamo con Stefano, “piuttosto la cammino tutta ma a Faenza ci arrivo”, sembra facile detta così, e forse ti dà anche un po’ di coraggio, ma camminare per 35km, nella notte, può diventare eterno.

Mentre siamo al ristoro che raccogliamo le energie vediamo spuntare Davide1 in bicicletta accompagnato da Diego, ci ha raggiunti anche lui! Allora non era collassato!

Dovete sapere che Diego è un accanito sostenitore delle partenze clamorosamente sotto ritmo, ha percorso con calmissima i primi 30km e una volta scollinato aveva un sacco di benzina, ci spiega che Davide gli ha detto che eravamo pochi km più avanti e in 17km ci ha recuperato quasi 40minuti!

Lui sì che sta in forma, ma decide a questo punto di provare a continuare con noi, se non altro per provare ad arrivare tutti insieme, poi strada facendo si vedrà.

Usciamo dal paese di Marradi e vedo il passaggio a livello che nei giorni scorsi gli organizzatori avevano fotografato e pubblicato sulla pagina Facebook della manifestazione accompagnato dalla didascalia: “Il vero passatore inizia da qui”.

E’ unanimemente riconosciuto infatti che la parte più dura della 100Km del Passatore sia la parte finale, nella quale, nonostante l’altimetria dica che si tratta di leggera discesa, nella realtà avremo a che fare con un interminabile falsopiano ricco di sali-scendi che si affronta dopo aver percorso una maratona e mezza, avendo le gambe frullate dalla discesa appena percorsa.

Purtroppo si rivelerà tutto vero.

Dopo pochi km inizio ad accusare un dolore sempre più pungente al piede sinistro, la cosa bizzarra è che il dolore è lo stesso che qualche settimana fa avevo al piede destro, e che temevo si ripresentasse, ma si sa, a volte il corpo umano ha uno strano senso dell’umorismo e ha deciso di sorprendermi andando a tormentarmi sul lato opposto. Nel frattempo Stefano inizia ad accusare dolori al ginocchio, mentre Diego inizia a soffrire di incontinenza, chiediamo info al pulmino e dopo una rapida ricerca sul web ci dicono che probabilmente sono i suoi muscoli pelvici che oramai non ce la fanno più nemmeno a trattenere le minzioni. Non sappiamo più se ridere o se piangere.

Proseguiamo così alternando tratti di corsa a tratti di camminata, ora ci stanno seguendo Davide1 e Ilaria entrambi in bici che ci sostengono e cercano di distrarci ma fanno fatica anche loro a trovare le parole giuste perché si rendono conto che la nostra situazione non è delle più rosee.

CAPITOLO 5 – L’ALBA DEI MORTI VIVENTI

Il prossimo obbiettivo “grosso” è Brisighella, Km88 – andiamo avanti così. Ristoro dopo ristoro, i nostri dolori si acuiscono, i tratti di corsa diventano sempre più brevi e quelli da camminata sempre più lunghi ed interminabili, Stefano cammina nettamente più veloce di me, io purtroppo ho questa caratteristica, corro molto veloce ma quando cammino, cammino veramente piano, così per non perderlo e non costringerlo ad aspettarmi sono costretto a percorrere molti tratti corricchiando così da colmare il gap che si accumula quando entrambi camminiamo. Diego invece riesce a camminare ad una velocità discreta, ma è costretto come me a percorrere sovente dei tratti corricchiando per potersi fermare ad urinare continuamente senza perderci. Insomma è un delirante tira e molla che prosegue per quasi 20km.

Arrivati a questo punto, qualsiasi cosa diventa fastidiosa e insopportabile, una delle cose che mi infastidisce di più è che la differenza fra la strada percorsa realmente, e quella fittizia segnata sui nostri Orologi, che è aumentata ad oltre 2km, quindi quando sentiamo suonare l’80esimo km, il primo pensiero è che nella realtà mancano ancora oltre 2km all’80esimo, considerato che stiamo procedendo ad una media dei 10 min/km si fa presto a pensare che mancano 20 minuti per raggiungere quel maledetto km.

Eh sì, purtroppo è così, oramai non ragioniamo più in km che mancano, ma essendo ormai diventata una lenta e costante agonia, il metro di giudizio delle nostre teste ha cambiato modalità, e il ragionare in km ha lasciato spazio al ragionare in minuti e ore, e questo rende l’eternità che abbiamo di fronte ancora, se possibile, più eterna.

In questo frangente del Passatore si incontrano spesso tratti di strada dritta davanti a noi, nella quale si vede una striscia di luci lampeggianti e torce frontali, barcollare come un esercito di zombie al lato della strada, tutti uniti, che marciano in direzione di Faenza.

Di colpo mi sembra di trovarmi nella serie TV di The Walking Dead, solo che questa volta, invece di essere un protagonista umano che lotta per fuggire dagli Zombie, sono io stesso l’anonimo Zombie che arranca barcollante, dolorante, sporco, affamato e puzzolentee bramando per un pezzo di carne.

Ma perché nessuno pensa mai ai poveri Zombie quando è seduto sul divano? Beh, la prossima volta che li vedrò di sicuro io ci penserò.

Finalmente arriva Brisighella, km 88, ultima grande tappa di avvicinamento a Faenza, che ormai non sembra più così distante. Le conversazioni fra noi sono ridotte al minimo. Già prima non è che fossero granché, ma ora è calato davvero il silenzio. Il mio dolore al piede peggiora sempre di più, se cammino soffro terribilmente, se corro il dolore si attenua ma lo sforzo di alzare le gambe che orami sono 2 blocchi di marmo è apocalittico e dopo poco sono costretto a desistere e ritornare a camminare. Stefano a causa della stanchezza e dei dolori al ginocchio ha perso la brillantezza del suo passo veloce e ora è molto più semplice stargli appresso. Diego si rende conto che ora sta pagando tutto lo sforzo che ha fatto per raggiungerci ed ha finito le forze. Ma non possiamo mollare, ormai Faenza è vicina.

In lontananza inizia proprio davanti a noi a rischiararsi il cielo, è l’alba. Nella mia testa non mi ero preparato per arrivare con la luce.

Credo che ognuno di noi quando parte o si allena per una gara focalizzi nella sua mente il momento dell’arrivo, vivendo quel momento nella propria testa per aiutarsi a tenere duro nei momenti di difficoltà. Ecco io quel momento me lo sono sempre immaginato di notte, con la piazza di Faenza illuminata dai lampioni e semi-deserta a causa dell’ora tarda.

Invece il fato ha deciso che così non sarà.

Faenza è vicina

Continuiamo così con il nostro caracollare, oramai non ci importa più di niente, non ci importa della fame, della stanchezza, dei dolori, del tempo, del freddo o del caldo, l’unica cosa che abbiamo chiaramente scolpita in testa è la voglia di arrivare.

Passa un’altra ora, ci siamo quasi, l’orologio segna già 100km quindi sappiamo che considerando il maledetto gap davanti a noi ce ne dovrebbero essere ancora 3, 3 maledetti lunghissimi chilometri rappresentatati da un interminabile viale rettilineo di cui non si vede la fine, penso che solo il mese scorso durante una gara di 5km questi 3 stramaledetti km li ho percorsi ai 3:40 min/km, poco più di 10 minuti, mentre ora per percorrerli mi ci vorrà più di mezzora!

Aspetto una botta di euforia o di adrenalina che mi dia la spinta di mettermi a correre ma non arriva, tutti ci sorpassano allegramente, beati loro che hanno ancora tutte queste forze. Io sono sfinito, faccio per girarmi e dire agli altri di rallentare, che oramai siamo arrivati e possiamo camminare anche un po’… ma prima di aprire bocca realizzo che stiamo già camminando, pianissimo, da ormai innumerevoli km, ma la fatica è così tanta che il mio cervello è convinto di stare correndo.

Capisco di essere arrivato proprio alla fine.

Quando vediamo il traguardo ci facciamo forza e corriamo gli ultimi metri, il pannello luminoso recita 15 ore e 37 minuti.

L’arrivo

Oramai è fatta, ritiro l’agoniata medaglia e mi lascio cadere, sfinito, esanime su una sedia.

CAPITOLO 6 – EPILOGO

Sfinito a Faenza

Ripenso alle sensazioni avute durante i 100km precedenti e mi sembra impossibile essere arrivato fino a qui, nonostante tutto. Provo a rialzarmi per raggiungere il pulmino ma il piede ora che si è raffreddato è un fuoco di dolore. Mi sorreggono gli amici a braccia, salgo sul pulmino in preda agli spasmi di freddo, sono finite anche le energie per scaldarmi, mi danno una coperta e una brioches, cerco di mangiarla anche se la nausea mi crea qualche difficolta, resto così, svuotato da tutto, immobile per 2 ore prima di iniziare a riprendermi.

Alla fine mi ritengo fortunato, aver finito questa gara, in compagnia di amici e compagni di squadra è stato un privilegio, me l’ero immaginato diverso, il mio Passatore, ma in fin dei conti la vita è bella perché è capace di sorprenderti anche dietro l’ultima curva…o come in questo caso, dietro a una delle prime, e ti insegna, citando RE Giorgio Calcaterra, che proprio quest’anno dopo 12 anni di vittorie consecutive ha dovuto abdicare dal trono del Passatore,

…se sei in grado di superare te stesso ed i tuoi limiti, vinci sempre, anche se arrivi ultimo.

Buone Corse

Alessandro