“Correre” sotto la parete EST del Monte Rosa la parete montuosa più alta d’Europa nonché l’unica parete di tipo Himalayano del vecchio continente.
Macugnaga
Eccoci qui, finalmente ci siamo, Monterosa Est Himalayan Trail – prima edizione – 63km per 4500d+, davvero una bella sberla di dislivello spalmata su “soli” 63km!
Partenza e arrivo da Macugnaga (VB) conosciuta anche come “La Perla del Monterosa” e che dire, è davvero un paesino incantevole! Una serie di frazioni composte da casupole alpine in pietra e legno, sparse lungo il fiume e adagiate su di un fondovalle erboso costeggiato da pareti di roccia a strapiombo che salgono vertiginosamente per oltre 1500mt, il tutto sotto lo sguardo vigile del Monterosa che domina la valle. Insomma una paesaggio che sembra uscito da una favola dei fratelli Grimm.
Mi sono iscritto a questo trail attirato dai paesaggi spettacolari che si vedono nei promo della gara, non sono mai stato in queste zone e la curiosità è tanta. Sono preparato e collaudato sulla distanza, anche se non mi sono preparato per affrontare la gara in maniera agonistica, la mia strategia è semplice, ho deciso di aggredire le salite, godermi le discese e prendermi i miei tempi ai ristori, evitando l’ansia del “mordi e fuggi” per godermi appieno la gara.
Ci siamo, si parte! Sono le 4 del mattino, siamo circa in 200 partenti fra 60k e staffettisti (35+25) – sulla linea di partenza sono tutti un po’ timidi così decido di portarmi avanti e partire dalla start line proprio accanto a Ornati e altri mostri del Trail Running, almeno nelle foto e nei video della partenza rimarrò bene :-D.
La giornata è strepitosa, non si prevede manco una nuvola e in paese ora ci sono 13 gradi ma durante la giornata si prevede di superare i 30 gradi.
Il sindaco di Macugnaga snocciola il conto alla rovescia e si parte! I primi 7 km sono molto corribili, in leggera discesa su un sentiero largo e semplice, scorrono velocissimi, addirittura il terzo km ai 4.17 min/km – volano via in meno di 35minuti e da qui non si scherza più! Inizia la prima e più importante fatica di giornata: 9km di salita che attraversano l’abitato di Mondelli fino all’omonimo passo per un totale di 1800mt di dislivello positivo, quasi un doppio km verticale.
L’ascesa al Passo dei Mondelli
La salita scorre silenziosa nel buio della notte, attraversiamo tutti gli strati di vegetazione alpina, boschi di pini, seguiti da tappeti di bassi arbusti, pratoni verdi punteggiati di pietre che lasciano spazio alle sassaie tipiche di questo versante del Rosa ed infine a lingue di neve ghiacciata in prossimità del passo a quota 2800mt. A quota 1800 incontriamo un’alpe, dove un pastore alle 5 del mattino, nella veranda della sua cascina, in mutande e camicia aperta ci accoglie sorridente incitandoci, davvero uno spettacolo!
Mano a mano che si sale la pendenza si impenna, si arranca ora il cielo inizia a rischiararsi con le prime luci dell’alba, spengo la frontale ed inizio a fare qualche foto. I panorami sono strepitosi, tiro fuori dallo zaino in cellulare con le mani madide di sudore mi scivola, mi trovo su una pietraia fatta di sassi del diametro variabile dai 50 a 150cm – se si infila in una fessura credo che rimarrà lì per i prossimi 6000 anni! La fortuna vuole che cadendo si fermi su un’asperità della roccia, riesco a recuperarlo e penso che per oggi, il jolly di giornata me lo son già giocato – mi riprometto in ogni caso di stare più attento e di non sfidare la sorte ulteriormente!
La Diga MaatMark
Finalmente dopo 3 ore di salita estenuante raggiungo il passo e scavallo in Svizzera, da qui il panorama cambia subito, la pietraia informa lascia il posto a lunghi sassoni di 8/10mt levigati dall’erosione del tempo che scendono in direzione della diga di Maatmark, che si vede in lontananza. Qui il percorso che fino ad ora era perfettamente fettucciato, diventa terra di nessuno, sembra quasi che gli organizzatori non avessero il permesso di entrare in Svizzera, il sentiero non esiste ma ci sono i segni pitturati sulle rocce che ci danno la direzione da seguire, no che ci sia molto modo di sbagliarsi ma qualche fettuccia in più non avrebbe certo guastato! La discesa è abbastanza corribile, dapprima maculata di leccate ghiacciate, poi sempre più satura di prati verdi, mano a mano che scendiamo verso la diga.
Arrivo alla diga e la attraverso sulla massicciata, giunta dalla parte opposta c’è il terzo ristoro, decido come da programma di sostare qualche minuto in più del dovuto, alle soste molti concorrenti mi sorpassano e la cosa è un po’ frustrante, ma tanto so che la gara, alla fine, metterà tutti al loro posto. Poso la frontale e metto sul il berretto da sole, ora inizia a picchiare bene.
Passo Monte Moro
Da qui inizia una strada in leggera salita che porterà all’attacco del sentiero che sarà la seconda fatica di giornata, la salita in direzione Passo Monte Moro 2880mt. Un salita di 4km con 600mt di dislivello. Da fondovalle cerco con lo sguardo la Madonna delle Nevi, l’enorme statua dorata della divinità che domina la valle dal passo, la scorgo chiaramente brillare sotto il sole del mattino, sembra distantissima!
Anche questa salita è davvero dura, si sale su una specie di lunga scalinata di sassoni dove in alcuni casi è necessario mettere le mani a terra.
Lentamente arriva anche la cima dove ad aspettarmi c’è mia moglie (lei è salita con la funivia che da Macugnaga in pochi minuti arriva al passo) mi scatta qualche foto ed è felice di vedere che sono ancora in forma smagliante.
Transito al Passo Monte Moro (32km) in 34esima posizione e mi preparo per la discesa, 6km 1500d- – una picchiata giù fino a Macugnaga, Fraz. Pecetto – nella mia testa ho stimato di scendere alla media dei 7min/km ed impiegare circa 40min ma i miei calcoli sono tremendamente sbagliati! La discesa inizia con una sassaia informe, pericolosa, a tratti innevata e incorribile, sono costretto a camminare quasi sempre, per i miei quadricipiti è un supplizio, prendo un paio di storte, inizio ad innervosirmi, nell’ultimo tratto le cose migliorano un poco ma ormai le gambe sono frullate e faccio fatica a coordinare bene la corsa, alla fine impiego 1ora e 20 minuti per giungere alla fine di questa interminabile discesa.
Inizia la 25K
Giunti a Pecetto si attraversa il Meht Village nel quale oltre ad esserci un ristoro bello grosso c’è anche il cambio delle staffette, ora siamo circa a 37km, sono le 11 passate e a fondovalle inizia veramente a fare caldo, decido di cambiarmi mettendomi abiti più leggeri e attacco gli ultimi 25k – che, in teoria, guardando l’altimetria, dovrebbero essere più “tranquilli” dei primi – unica pecca in tutto ciò è che gli organizzatori per comodità hanno diviso l’altimetria in due parti, posizionando la parte da 35k proprio sopra quella da 25k ma le hanno fatte larghe uguali! Di conseguenza la percezione è quella che tutte le asperità degli ultimi 25km sembrano più lunghe e più dolci quando in realtà di dolce hanno ben poco!
La prima salita inizia tranquilla per poi salire sempre di più, è tutta esposta al sole e il caldo è soffocante, a ogni ruscello intingo il berretto nelle acque gelide per avere un po’ di refrigerio, che sfortunatamente dura solo pochi minuti, finalmente arriva la cima della salita, da qui dovrebbe iniziare un tratto corribile di saliscendi, peccato che questo tratto consiste nell’attraversamento i due morene di un ghiacciaio, 2 pietraie informi dove non esiste sentiero se non una fila di paletti arancioni che danno l’idea di tratto migliore dove passare. Anche qui sono costretto a rinunciare a correre in modo da salvaguardare la mia incolumità.
Il Belvedere
Nel tratto erboso e rigoglioso che divide le due Morene sorge il Belvedere, stazione di arrivo dell’omonima seggiovia e sede di un rifugio con annesso ristoro per noi.
Pit stop rapido, ho le borracce ancora mezze piene e chiedo quanto manca per il prossimo ristoro, mi dico che al rifugio Zamboni mancano circa 30min, decido di continuare così allora 30 minuti volano! E giù ad attraversa un’altra morena sassosa per poi risalirla sulla sua cresta occidentale fino al rifugio.
Rifugio Zamboni e Lago delle Locce
Il rifugio Zamboni sorge in un posto stupendo, una valletta verde attraversata da ruscelli e punteggiata da enormi scogli, un panorama da cartolina, vedo il ristoro, ma mi accorgo anche che il sentiero non va verso il ristoro ma prosegue diritto, presto inizio ad incrociare altri atleti che provengono in direzione contraria e mi dicono che devo raggiungere il Lago delle Locce per la punzonatura e poi ridiscendere, peccato che per raggiungere il lago della Locce si debba affrontare una vera e propria scalata su una frana di pietre! Impiego quasi 20 minuti solo per giungere in cima e altrettanti per ridiscendere! Questo tratto è davvero frustrante! Il lago deve essere stupendo ma l’irritazione per questo “regalo” dell’organizzazione e talmente grande che non lo degno nemmeno di uno sguardo. Finalmente giungo allo Zamboni, ristoro generoso e poi via verso Piani Alti di Rosareccio, prima con un sentiero a mezzacosta e poi con uno strappo in salita. Infine discesa per raggiungere la ex stazione della seggiovia di Rosareccio ormai in disuso, altro ristoro e la discesa riprende, dapprima bella e corribile, poi di nuovo sassosa e tecnica.
Gli ultimi Km
Inizio davvero ad essere stanco di questo terreno, vorrei correre ma le difficoltà oggettivi del sentiero me lo impediscono quasi sempre. Dopo l’ennesima salita arriva finalmente il Lago delle Fate, ultimo ristoro, mancano circa 5km al traguardo. Finalmente da qui si può correre, nonostante la leggera salita mi sento in piena forma, supero addirittura 2 concorrenti e copro velocemente gli ultimi km.
Taglio il traguardo in 13ore e 24minuti in 40esima posizione.
Conclusione
Una gara davvero dura, che regala panorami strepitosi per tutta la sua lunghezza, peccato solo che la conformità dei sentieri, a mio avviso, non sia assolutamente adatta al Trail Running ma sia l’ideale invece per il trakking e l’hiking.
L’organizzazione si è comportata tutto sommato bene, anche se alcuni particolari lasciano trasparire che si tratta di una prima edizione e nonostante l’enorme investimento economico alcune cose sono state tralasciate e possono essere sicuramente migliorate! E’ evidente che l’intento degli organizzatori e dell’amministrazione di Macugnaga è quella trasformare questa gara in una grande classica, la strada è tracciata e sembra essere quella giusta!
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